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Una storia dell’incorniciatura II
Il Rinascimento: dalla cornice fissa alla cornice mobile

Dal Duecento al Cinquecento: verso la cornice mobile

La storia dell’incorniciatura artistica è intimamente legata a quella della pittura e, in particolare, a quella della pittura su cavalletto, se pensiamo alla cornice come a quel bordo, solitamente in legno, in cui viene inserito un quadro già dipinto. Concepiamo dunque la cornice come un oggetto rimovibile, indipendente dall’opera da incorniciare. Questa cornice mobile, precursore di quella che i tedeschi chiamano “Wechselrahmen” (letteralmente: cornice scambiabile) era già nota sin dall’antichità greco-romana e egizia, ma è solo nel Quattrocento, dopo la sua temporanea scomparsa durante il Medioevo, che riappare nuovamente e che, per la prima volta, il suo uso si diffonde.

La pittura ha dunque fatto per secoli o forse millenni a meno dell’incorniciatura? Sì e no. In questo articolo tenteremo di rispondere alla questione in merito a quale fosse la situazione prima della cornice come è nota a partire dal Rinascimento, il che presuppone di rispondere a una serie di domande più generiche: come si dipingeva prima del Quattrocento? Le opere avevano un bordo? Se sì, come erano incorniciate? Visto che, però, sarebbe un po' riduttivo liquidare un millennio o due di storia dell'arte in poche righe, abbiamo ritenuto utile dedicare un articolo a parte alla “preistoria” della cornice mobile. Per quanto riguarda i cinque secoli che ci separano dall’apparizione, verso il 1520 della cornice a battente, che troverai riassunta nella storia dell’incorniciamento, parte seconda.

Questo articolo si occuperà per lo più del periodo in cui nacque la cornice come la conosciamo oggi, grazie alle innovazioni tecniche che condussero a un’autonomia crescente tra l’immagine e la cornice che doveva proteggerla, isolarla e valorizzarla. Questo periodo si estende grosso modo dal Duecento agli inizi del XVI secolo. Il periodo medievale è tuttavia argomento centrale dell’articolo dedicato e qui ci concentreremo soprattutto sul periodo della storia dell’arte corrispondente al primo Rinascimento italiano (inizi del Quattrocento fino al 1520).

Giorgio Vasari<br> San Luca dipinge la Vergine, posteriore al 1565<br> (via Wikimedia Commons)

Incorniciare, scorniciare, rincorniciare.

La appendiamo o la appoggiamo, a volte la spostiamo. La portiamo con noi insieme al resto della mobilia e degli effetti personali durante un trasloco: la cornice è ai nostri giorni un sinonimo di mobilità E non solo: chi è che non ha mai staccato una cornice dalla parete per sostituire la foto ormai vecchia con una più recente? O, viceversa, chi è che non ha mai avuto voglia ad un certo punto di trovare, per un’opera a cui si è particolarmente attaccati, una nuova cornice?

Incorniciare, ma anche scorniciare per rincorniciare. Sono azioni tanto semplici quanto consuete e che rimandano subito all’autonomia della cornice rispetto al soggetto. Per comprendere le origini di questa mobilità, il 1410 potrebbe essere un primo, seppure approssimativo, punto di riferimento: uno dei primi dipinti su tela a noi noto è stato realizzato in Francia in quell’anno. Questo nuovo supporto, una tela fatta di lino (o di un misto di lino e canapa), avrà bisogno di due secoli per imporsi e gli artisti preferiranno affidarsi a ciò con cui hanno maggiore familiarità: la tavola lignea.

I supporti per la pittura

Sembrerebbe però che questo graduale cambio di supporto per la pittura non è avvenuto indipendentemente dall’apparizione della cornice mobile, che sarebbe stata particolarmente adatta a ornare un telaio telato, nascondendone i bordi e i chiodini che tendono la tela, oltre a rendere l’insieme più stabile e a facilitarne la movimentazione. Questa è, però, solo una teoria e non sapremo mai se, senza la comparsa della pittura su tela, la cornice mobile sarebbe comunque succeduta a quella fissa. Ad ogni modo, entrambi hanno visto la luce alla stessa epoca e da quel momento sono diventati compagni inseparabili. Nel ventesimo secolo vedremo certamente apparire artisti che sceglieranno di fare a meno delle cornici (Malevitch, Pollock, Rothko) ma come la nostra storia dell’incorniciamento, parte seconda prova a spiegare, questa rivoluzione non ha avuto l’impatto sperato, soprattutto perché non ha saputo sfruttare la capacità di evoluzione delle cornici, in grado di adattarsi a nuove mode e nuovi gusti. Quando Rothko dipingeva le tele fino ai margini esterni per essere sicuro che nessuno si prendesse la briga di incorniciare le sue opere, avrebbe mai potuto sospettare che l’avvento della cassetta americana avrebbe reso desueto il suo stratagemma?

Le prime cornici mobili

Gentile da Fabriano<br> Adorazione dei Magi, 1423<br> (via Wikimedia Commons)

Ma prima di giungere agli sconvolgimenti della modernità, ritorniamo al periodo che ci interessa qui. Altre due date fondamentali che meritano la nostra attenzione: nel 1423, l'artista Gentile da Fabriano crea una pala d’altare nota oggi come Adorazione dei Magi. Nel XV secolo la tradizione della pala era certamente già antica, ma in maniera ancora inedita all’epoca, l’artista realizza il dipinto e i bordi separatamente, per poi assemblarli insieme. Se oggigiorno la precedenza del quadro dipinto rispetto alla cornice ci sembra essere ovvia, all’epoca era una novità. Così la Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, oggi custodita al museo degli Uffizi di Firenze nella sua cornice originale, è consideratail capostipite delle nostre cornici. Il supporto del quadro, una tavola di legno, ci prova tra l’altro che la cornice rimovibile non serviva solo a incorniciare opere dipinte su tela.

Un’altra data importante: 1433, l’anno in cui Jan Van Eyck dipinge Ritratto di uomo con turbante rosso. Questo quadro, anch’esso eseguito su tavola in legno, è la prima opera su cavalletto che ci sia giunta con la sua cornice originale (in realtà, per essere più precisi, solo le traverse orizzontali potevano essere rimosse). Come lo sappiamo? Gli esperti del settore hanno a disposizione ogni sorta di tecnica per stabilire la datazione di oggetti, ma soprattutto, in questo caso, siamo di fronte a una rara cornice firmata, per modo di dire, visto che l’artista ha inciso con caratteri greci il suo motto (un gioco di parole con il suo nome), nonché una frase in latino che in italiano si traduce: “Jan Van Eyck mi fece il 21 ottobre 1433”. Tale dato storico ci permette di desumere, invece, che gli altri quadri dell’epoca hanno “perso” la loro cornice originale in seguito a un’ulteriore incorniciatura anni o secoli dopo: in altre parole, la cornice del XV secolo non era ormai un elemento indissociabile del quadro, come lo era stato nel Medioevo. 

D’altronde, facciamo notare a tale proposito che era una caratteristica tipica dei primitivi fiamminghi quella di decorare con iscrizioni i bordi del quadro. Tale pratica suppone cornici con profili relativamente semplici, in cui le superfici vengono lasciate quasi lisce se non completamente piatte, cosa che non sarà più possibile nel secolo seguente, con l’apparizione delle cornici decorate con sculture.

La Gioconda, un famoso dipinto “su tela”?

Oggi la parola “tela” può essere sicuramente considerata uno dei sinonimi di “quadro”, una metonimia che chiarisce bene il primato di questo tessuto nelle Belle Arti e che fa credere che il Medioevo e il Rinascimento fossero l’epoca d'oro della pittura su legno e che dopo questo periodo si assistette al suo inesorabile tramonto. Molte “tele” famose, però, non vennero prodotte usando alcun tipo di stoffa. Abbiamo evocato poco sopra l’opera del pittore fiammingo Van Eyck, ma lo sapevi che, per esempio, Leonardo Da Vinci realizzò la Gioconda (nota anche come Monna Lisa), agli inizi del Cinquecento su una tavola in legno di pioppo? E quante vicissitudini ha conosciuto la sua cornice... Insomma, per evitare qualunque dubbio, nel parlare di opere medievali o rinascimentali, è bene parlare esclusivamente di dipinto, termine più generico che abbraccia sia la pittura su tela che quella su pannello ligneo.

Dalla cornice fissa alla cornice rimovibile

Facciamo un attimo qualche passo indietro. Vuol dire che, fino agli inizi del XV secolo, un dipinto eseguito su pannello in legno non veniva incorniciato? Quello che si può dire sicuramente è che non li si adornava con una cornice rimovibile e indipendente. Ma questo non significa che i dipinti fossero del tutto sprovvisti di bordi!

Per chiarirlo qui in maniera sommaria, diciamo che la tecnica che prevalse per secoli consisteva nello scavare il centro della tavola, in modo da creare una rientranza destinata a essere dipinta, mentre il bordo esterno conservava lo spessore originale della tavola.

Niklaus Manuel Deutsch, <br>San Luca dipinge la Vergine, 1515<br> (via Wikimedia Commons)

Se i nostri occhi contemporanei hanno la tentazione di vedere in questo dislivello un quadro messo nella sua cornice, non bisogna dimenticare che fino al Quattrocento, bordo e tavola erano la stessa cosa. È sicuramente interessante notare che questi bordi integrati assumevano già le funzioni tecniche ed estetiche che spetteranno alla cornice moderna: protezione e consolidamento, da un lato, e valorizzazione e demarcazione, dall’altro. Le più emblematiche di queste tavole con bordi integrati sono senza alcun dubbio le icone della tradizione bizantina e ortodossa.

La transizione da tavola con bordi integrati a cornice indipendente è stata graduale. Nel Medioevo, in parallelo con la tecnica della tavola scavata al centro, si era anche soliti, nel caso di pannelli piatti e relativamente sottili, applicare bordi: si incollavano quattro bacchette o, in alternativa, si incidevano in tali bacchette delle scanalature dello spessore della tavola e si procedeva poi all’assemblaggio a incastro. Dal punto di vista economico, si trattava in entrambi i casi di un notevole progresso rispetto alla produzione di tavole scavate, che implicavano uno svuotamento, sinonimo di perdita di materia prima, perdita che era pari alla grandezza della tavola preparata in questo modo, e che chiarisce bene il motivo per il quale questa tecnica fu generalmente riservata a tavole di dimensione piuttosto modeste. L’assemblaggio della tavola e dei bordi aggiunti era fatto fissandola e rafforzandola mediante colla e chiodi. Il risultato era, perciò, un insieme indissociabile.

Sia nel caso dei bordi integrali che in quelli aggiunti, la funzione tecnica era la stessa: da una parte, stabilizzare la tavola per evitare deformazioni, dall’altra, proteggere la superficie dipinta creando intorno a essa un rilievo, un rilievo particolarmente utile quando la tavola era dotata di ante mobili o quando era lei stessa l’anta dipinta in un complesso che si poteva chiudere e riaprire, come succedeva nel caso dei dittici, trittici o polittici. Anche la funzione estetica resta la stessa, così come le “istruzioni d’uso” che prevedono in entrambi i casi l’incorniciatura prima di dipingere. Tavole e bordi venivano innanzitutto preparati con un’intonacatura di stucco (miscela di calce, gesso e colla) e una volta che il supporto si era asciugato, il pittore poteva mettersi all’opera. Un dipinto del 1515 intitolato San Luca dipinge la Madonna illustra nel migliori dei modi questa particolarità: si vede il patrono degli artisti all’opera e la tavola sulla quale dipinge è già dotata di cornice, qualcosa che oggi e ormai da secoli, sembrerebbe strano. Questo quadro di Niklaus Manuel Deutsch è oggi conservato al museo di Belle Arti di Berna.

Una novità tecnica: la cornice a battente

Cornelis Norbertus Gijsbrechts<br>Retro di un quadro, 1670 circa<br> Telaio con tela con cornice a battente<br> fissata con chiodi<br>(via Wikimedia Commons)

Abbiamo visto sopra, con gli esempi di Gentile da Fabriano e di Van Eyck, che il Quattrocento è stato per il mondo dell’incorniciatura, almeno dal punto di vista tecnico, un periodo di transizione, in cui la cornice fissa cede gradualmente il passo alla cornice autonoma. Agli inizi del XVI secolo, probabilmente intorno al 1520, nasce un nuovo tipo di cornice, ancora più autonoma delle precedenti, una cornice che era davvero rimovibile. Il segreto della sua maggiore autonomia risiede nel principio del battente. Proprio come il battente della porta o della finestra è un taglio longitudinale nel telaio che consente all’anta di incastrarsi senza passarci attraverso, il battente di una cornice consiste in una rientranza contro la quale si adagia lo schienale o il telaio telato. I chiodi venivano conficcati nel legno della cornice e la parte esterna dei chiodi, non inserita nel legno, serviva a tenere il quadro contro il battente. Per lo smontaggio, bastava togliere i chiodi con una pinza. In seguito, il montaggio e lo smontaggio vennero facilitati da una nuova tecnica di fissaggio, quella con le molle. Queste erano linguette metalliche che tenevano la cornice e il telaio uniti con una vite a ciascuna estremità.

Grazie a questa “emancipazione” appaiono nuove pratiche di incorniciatura: si può scorniciare e rincorniciare a piacimento e il collezionista diventa libero di decidere se conservare i bordi del quadro che acquista o se sostituirli con altri di suo piacimento. A parte la questione del gusto personale, la rincorniciatura obbedisce a due imperativi: gli uni desiderano un’incorniciatura uniforme di tutti i pezzi della loro collezione, altri ritengono più importante che lo stile dei bordi sia compatibile con quello dell’arredamento della stanza in cui il quadro sarà appeso. È così che, poco a poco, alla cornice viene attribuito un valore economico indipendente da quello del quadro e si trasforma essa stessa in un oggetto da collezione.

Questa novità tecnica avrà una grossa influenza sul lavoro degli artisti: che si dipinga su tela o tavola (quest’ultima pratica sarà perpetuata fino al XVII secolo, specialmente in Europa del Nord), si aggiungerà un bordo solo una volta che il quadro è terminato. Tra l’altro, l’avvento della cornice a battente coincide con quello dello specchio di vetro: è l’epoca delle specchiere stagnate, che vede Venezia essere la sede di un’industria fiorente. Allo stesso modo dei quadri, gli specchi dovevano essere incorniciati, per motivi legati alla loro protezione, ma anche per fini decorativi. Un’unione tra cornice e specchio che ha attraversato i secoli e ci è tanto familiare quanto quella tra cornice e quadro. 

Nicolas Poussin<br> Autoritratto, 1650<br> (via Wikimedia Commons)

Cornice o bordo?

Fino al Settecento, si impiegava molto il termine “bordi” per indicare l’oggetto che oggi chiamiamo cornice. Una lettera di Nicolas Poussin, datata 1639, ci mostra che all’epoca in francese viene usata la parola corniche, la cui etimologia è evidentemente legata all’italiano “cornice”, ma che definiva innanzitutto le cornici architettoniche, i “cornicioni”. Oggi, ormai, i cugini d’Oltralpe usano la parola “cadre” che ha le stesse origini di “quadro”. Derivata dal latino cornīx, che aveva originariamente il senso di cornacchia, tramite un calco dal greco antico κορωνός (curvo) o κορωνίς (corona), la parola “cornice” passò a indicare anche il telaio di legno, sia per i quadri che per le porte e le finestre.

Quanto al verbo incorniciare, questo appare per la prima volta nella terza edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca, stampata per la prima volta a Firenze nel 1692, mentre il sostantivo incorniciatura, non appare se non più tardi. Il corniciaio in qualità di artigiano che provvede alla fabbricazione e alle mesa in posa delle cornici, appare ancora più tardi nei dizionari. Non perché questo mestiere non esistesse già prima, ma perché, fino a un’epoca abbastanza recente, la produzione di cornici era appannaggio di scultori e falegnami. Anche quando la fabbricazione si è fatta più specializzata, ci vorrà tempo prima che questi falegnami o scultori assumessero un nome altrettanto specializzato.

Per concludere

Jan Van Eyck<br> Ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434<br> (via Wikimedia Commons)

Abbiamo tentato di abbozzare rapidamente le grandi linee dell’evoluzione della cornice dalla fine del Medioevo fino al Rinascimento e ciò da un punto di vista prevalentemente tecnico. È certamente imperdonabile l’aver parlato del Quattrocento senza mai attardarci sui famosi tondi, dipinti su supporto rotondo tipici del XV secolo e resi celebri da Botticelli, o le bordure circolari che circondano gli specchi convessi che si possono notare negli ambienti interni delle Fiandre dell’epoca. Un articolo sulla storia delle cornici tonde e ovali è, però, in preparazione. E come si fa a non dire almeno una parola sulla doratura o sui tipi di profili? La varietà stessa degli stili è così ampia da meritare da sola un articolo in cui parleremo di decoro e ornamenti.

Fonti:

  1. The Frame Blog
  2. Revue de l’art, n. 76, 1987
  3. Robert, Dictionnaire historique de la langue française [Dizionario storico della lingua francese]
  4. Paul Rouaix, Dictionnaire des arts décoratifs à l'usage des artisans, des artistes, des amateurs et des écoles [Dizionario delle arti decorative ad uso di artigiani, artisti, appassionati e scuole]
  5. Jules Adeline, Lexique des termes d’art [Lessico dei termini dell’arte]
  6. D. Gene Karraker, Looking at European Frames, A guide to terms, styles, and techniques

Ricerca e redazione: Isabelle Bard

Traduzione: Christian Carandente

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